La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello di Milano, che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento di un dirigente di una società per mancanza di giustificatezza. La società è stata condannata a pagare un’indennità supplementare, l’indennità sostitutiva del preavviso e il relativo trattamento di fine rapporto.
Il nodo della questione: i controlli tecnologici difensivi
Il caso riguarda l’uso di strumenti tecnologici da parte del datore di lavoro per monitorare il comportamento del dipendente. La Corte d’Appello ha ribadito che i controlli difensivi sono legittimi solo se volti a proteggere il patrimonio aziendale o a prevenire illeciti, purché:
- Vi sia un sospetto fondato di comportamento illecito.
- Si rispetti un bilanciamento tra le esigenze aziendali e la tutela della privacy del lavoratore.
- Le verifiche siano effettuate successivamente all’insorgere del sospetto.
Nel caso specifico, la società aveva analizzato i file di log delle e-mail del dipendente risalenti a gennaio 2017, mentre l’anomalia informatica che aveva sollevato i sospetti si era verificata solo l’8 febbraio 2017. Ciò significa che l’indagine ha riguardato dati raccolti prima del sospetto, in violazione dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.
Di conseguenza, la Corte ha stabilito che tali dati non potevano essere usati per avviare il procedimento disciplinare, e che nemmeno l’informativa sulla privacy fornita al dipendente rendeva legittimo il controllo.
La società è stata condannata al pagamento delle spese processuali per 7.500 euro, oltre agli oneri di legge. È stato inoltre confermato il raddoppio del contributo unificato, come previsto dalla normativa vigente.
Conclusione
La sentenza ribadisce un principio chiave: i controlli tecnologici sui dipendenti possono avvenire solo ex post, ossia su dati raccolti dopo il sospetto di illecito, e non su informazioni archiviate in precedenza. Questo principio tutela la privacy dei lavoratori e limita l’uso retrospettivo degli strumenti di sorveglianza aziendale.